Esiste un ulivo torto, così torto che
gli abitanti del paese passano il tempo ad immaginare il possibile uso dei
suoi legni intricati. Esiste un paese dove non c’è acqua. Ma di questo
nessuno ricorda l’origine. Esiste un editto che vieta il pianto al popolo
assetato. Ed esiste il vecchio tiranno che muore di morte naturale all’inizio
di questa nostra storia e proprio poco prima della grande rivoluzione, tramata
e già tesa nel buio clandestino.
Parabola è metafora di un Sud
indefinito, un luogo di migranze in cui la voce della condizione umana pone
interrogativi di senso su questioni che riguardano il comune condividere e
abitare un luogo.
Parabola è una restituzione di
memorie istintuale e lirica, una striscia tremula di colpevoli da condannare ed
innocenze da propagandare, un catalogo di crolli dalle motivazioni sconosciute,
di morti senza giustizia, di preghiere e di canti, euforie e pianti, cose
vecchie da non dire e nuove cose da tacere. Giustizia e immaginazione, sacro e
poteri costituiti, rivoluzione e vecchiaia sono le parole di questo tentativo
di intrecciare una fabula a partire dalla trama segreta del corpo e delle sue
immagini.
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